sabato 18 maggio 2019

Pezzi di vetro - Francesco De Gregori



L'uomo che cammina
sui pezzi di vetro
dicono ha due anime
e un sesso di ramo duro in cuore
e una luna e dei fuochi alle spalle mentre balla e balla, sotto l'angolo retto di una stella.

Niente a che vedere col circo,
nè acrobati nè mangiatori di fuoco, piuttosto un santo a piedi nudi, quando vedi che non si taglia,
già lo sai.

Ti potresti innamorare di lui,
forse sei già innamorata di lui,
cosa importa se ha vent'anni
e nelle pieghe della mano,
una linea che gira
e lui risponde serio "è mia"; sottindente la vita.

E la fine del discorso la conosci già, era acqua corrente un pò di tempo fà che ora si è fermata qua.
Non conosce paura l'uomo che salta
e vince sui vetri e spezza bottiglie
e ride e sorride, perchè ferirsi
non è impossibile,
morire meno che mai e poi mai. 

Insieme visitata è la notte
che dicono ha due anime
e un letto e un tetto di capanna
utile e dolce come ombrello teso
tra la terra e il cielo.
Lui ti offre la sua ultima carta,
il suo ultimo prezioso
tentativo di stupire, quando dice
"È quattro giorni che ti amo, ti prego, non andare via, non lasciarmi ferito".
E non hai capito ancora come mai,
mi hai lasciato in un minuto
tutto quel che hai.

Però stai bene dove stai.
Però stai bene dove stai.


Francesco De Gregori
foto Kazuo Sumida ©


Tina Kazakhishvili











Feci mille pazzie per lei - Giovanni Verga

Feci mille pazzie per lei, 
la cercai, implorai, piansi, 
passai le notti sotto le sue finestre,
vidi l'ombra di lei accanto all'ombra 
di un uomo dietro le cortine, 
seguii di notte la sua carrozza per le vie
e vidi il suo capo sull'omero di lui. 

Ella mi ravvisò, e chiuse le imposte 
o si tirò vivamente indietro, 
o volse il capo dall'altra parte. 
- Sirena! maliarda! 
che mi aveva inebriato coll'amore, 
ed ora mi intossicava con la gelosia! 

Le scrissi; 
le scrissi umile, delirante, minaccioso. 
Ella mi rimandò le mie lettere 
con un sol motto:

“Una follia non si fa due volte 
o diventa sciocchezza”.”

Giovanni Verga


Ph. Laurent Castellani © 

E' l'amore - Jorge Luis Borges

È l’amore. Dovrò nascondermi o fuggire.
Crescono le mura delle sue carceri, come in un incubo atroce.
La bella maschera è cambiata, ma come sempre è l’unica.

A cosa mi serviranno i miei talismani:
l’esercizio delle lettere, la vaga erudizione,
le gallerie della Biblioteca, le cose comuni,
le abitudini, la notte intemporale, il sapore del sonno?
Stare con te o non stare con te è la misura del mio tempo.

È, lo so, l’amore: l’ansia e il sollievo di sentire la tua voce,
l’attesa e la memoria, l’orrore di vivere nel tempo successivo.
È l’amore con le sue mitologie, con le sue piccole magie inutili.

C’è un angolo di strada dove non oso passare.

Il nome di una donna mi denuncia.

Mi fa male una donna in tutto il corpo.

Jorge Luis Borges 


Ph. Lydia Fernandez © 

Poesia d'amore - Alfonso Gatto

Le grandi notti d'estate
che nulla muove oltre il chiaro
filtro dei baci, il tuo volto
un sogno nelle mie mani.
Lontana come i tuoi occhi
tu sei venuta dal mare
dal vento che pare l'anima.
E baci perdutamente
sino a che l'arida bocca
come la notte è dischiusa
portata via dal suo soffio.
Tu vivi allora, tu vivi
il sogno ch'esisti è vero.
Da quanto t'ho cercata.
Ti stringo per dirti che i sogni
son belli come il tuo volto,
lontani come i tuoi occhi.
E il bacio che cerco è l'anima.


Alfonso Gatto 


Ph. Daniele Pomposiello © 

Pietra - Romina Capo


Mi cadeva la lingua
come un petalo secco
Ecco a non darmi l'acqua
dei tuoi baci cosa accade
Ma anche tu eri pietra
un sasso stanco
che non sa guardare
Nè altrove rotolare.

Romina Capo
foto Daisuke Yokota ©



venerdì 17 maggio 2019

Rafal Olbinsky [ 1943 ]
















Sleepers - Barry Levinson

"Possiamo solo tenercelo dentro, parlarne la renderebbe più dura, tanto vale non parlarne più. La verità ci resta dentro".


Sleepers 
[ Barry Levinson ]


Parole - Piero Ciampi


Tu, tu mi hai amato con la testa.
Io, io ti ho amato con il cuore.
Forse il tuo amore è più giusto,
forse il mio è più forte.

La nostra è una battaglia molto dura perché noi
non ci concediamo mai un perdono,
io col sentimento ti spavento,
tu con la logica mi sgomenti.

Se dici che siamo soli su questa terra
cerchiamo di evitare un addio: andiamo avanti con questo amore
andiamo avanti, tu con la testa, io con il cuore.

Noi stiamo rovinando tutto con le parole, queste maledette parole.


Piero Ciampi
foto Antonio Palmerini ©




Avrei voluto - Xavier Bosch

Avrei voluto dirle: 
niente di nuovo, amore mio, 
ti amo alla follia. 
Niente di nuovo, lo sai già. 
Avrei voluto dirle che stavo bene, 
che non si preoccupasse di me, 
che mi bastava sentire la sua voce 
per due secondi 
per vivere due anni in più. 

Xavier Bosch



Ph. Laurent Castellani © 

Eugenio Recuenco [ 1968 ]













Se un giorno ci venisse in mente di incontrarci - Henrik Nordbrandt

Se un giorno ci venisse in mente di incontrarci
(cosa di cui in fondo dubito)
allora per amor di Dio scegliamo un luogo
in cui nessuno di noi e’ mai stato prima.
Una qualche isola in disparte nell’Egeo
o una spiaggia nei pressi di Alessandria.
Un posto dove i giardini notturni non ci portino
subito a vedere noi stessi
come fantasmi, dove la gente scorgendoci
non finisca subito per pensare
a chi è morto dopo il nostro ultimo incontro
e dove non compariamo nelle loro storie.
Potremmo passare la notte insieme
a bere, a parlare di nulla
e magari remare sul mare al chiaro di luna
e se non ci venisse in mente di annegarci
potremmo separarci prima dell’alba
felici, prima di essere tornati sobri.
– Se dunque esiste un posto così
(cosa di cui come ho detto dubito)
un posto in cui persino certi tardi sprazzi di sole
e i profumi di certi alberi notturni
di tanto in tanto non ci ricordino che abbiamo provato
tutto questo tante volte prima, senza successo.
Oppure lasciamo perdere l’idea di incontrarci.
 Henrik Nordbrandt


Ph. Jonè Reed ©

Io ero solamente ciò - Iosif Brodskij

Io ero solamente ciò
che tu toccavi, quello
su cui - notte fonda, corvina -
la fronte reclinavi tu.

Io ero solamente ciò
che tu là in basso distinguevi:
sembiante vago, prima, e poi
molto più tardi, tratti.

Sei tu ardente, che
sussurrando hai creato
la conchiglia dell'udito
a destra, a manca, là, qui.

Tu che nell'umida cavità,
tirando quella tenda,
hai messo voce, perché
potesse te chiamare.

Cieco ero, nulla più.
Tu, sorgendo, celandoti,
hai dato a me la facoltà
di vedere. Si lasciano scie

così, e si creano così
mondi. Spesso, creati,
si lasciano ruotare così,
elargendo regali.

E, gettata così,
in caldo, in freddo, in ombra, in luce,
persa nell'universo,
ruota la sfera e va.

Iosif Brodskij


Ph. Irina Joanne © 

So che stai leggendo questa poesia - Adrienne Rich

So che stai leggendo questa poesia
tardi, prima di lasciare il tuo ufficio
con l’unico lampione giallo e una finestra che rabbuia
nella spossatezza di un edificio dissolto nella quiete
quando l’ora di punta è da molto passata. So che stai leggendo
questa poesia in piedi, in una libreria lontano dall’oceano
in un giorno grigio agli inizi della primavera, deboli fiocchi sospinti
attraverso gli immensi spazi delle pianure intorno a te.
So che stai leggendo questa poesia
in una stanza in cui è accaduto troppo per poterlo sopportare,
spirali di lenzuola ristagnano sul letto
e la valigia aperta parla di fuga
ma non puoi andartene ora. So che stai leggendo questa poesia
mentre il metrò rallenta la corsa, prima di lanciarti su per le scale
verso un amore diverso
che la vita non ti ha mai concesso.
So che stai leggendo questa poesia alla luce
della televisione, dove scorrono sussulti di immagini mute,
mentre aspetti le ultime notizie sull’intifada.
So che stai leggendo questa poesia in una sala d’aspetto
di occhi incontrati che non si incontrano, di identità con estranei.
So che stai leggendo questa poesia sotto il neon
nella noia stanca dei giovani che sono esclusi,
che si escludono, troppo presto. So
che stai leggendo questa poesia con la tua vista indebolita:
le tue lenti spesse dilatano le lettere oltre ogni significato e tuttavia continui a leggere
perché anche l’alfabeto è prezioso.
So che stai leggendo questa poesia in cucina,
mentre riscaldi il latte, con un bambino che ti piange sulla spalla e un libro in mano,
perché la vita è breve e anche tu hai sete.
So che stai leggendo questa poesia che non è nella tua lingua:
di alcune parole non conosci il significato, mentre altre ti fanno continuare a leggere
e io voglio sapere quali sono.
So che stai leggendo questa poesia in attesa di udire qualcosa, divisa tra amarezza e speranza,
per poi tornare ai compiti che non puoi rifiutare.
So che stai leggendo questa poesia perché non c’è altro da leggere,
lì dove sei approdata, nuda come sei.


Adrienne Rich 


Ph. Gina Vasquez © 

Bella - Pablo Neruda


Bella,
come nella pietra fresca
della sorgente, l’acqua
apre un ampio arco di spuma,
cosí è il sorriso sul tuo volto,
bella.

Bella,
di fini mani e di piccoli piedi
come un cavallino d’argento,
che corre, fiore del mondo,
così ti vedo,
bella.

Bella,
con un nido di rame intrecciato
sulla testa, un nido color
di miele e di ombra
dove il mio cuore riposa e brucia,
bella.

Bella,
gli occhi non li contiene il tuo volto,
non li contiene la terra.

Ci sono paesi, fiumi
nei tuoi occhi,
c’è la mia patria nei tuoi occhi,
io vi cammino,
essi danno luce al mondo
dove io cammino,
bella.

Bella,
i tuoi seni sono come due pani
fatti di terra, grano e luna d’oro,
bella.

Bella,
la tua vita
l’ha scolpita il mio braccio come un fiume che sia passato mille anni per il tuo dolce corpo,
bella.

Bella,
non esiste nulla come i tuoi fianchi;
forse la terra possiede
in qualche luogo nascosto
la forma ed il profumo del tuo corpo,
forse, in qualche luogo,
bella.

Bella, mia bella,
la tua voce, la tua pelle, le tue unghie,
bella, mia bella,
la tua essenza, la tua luce, la tua ombra,
bella,
tutto questo è mio, bella,
tutto questo è mio, mia,
quando cammini o riposi,
quando canti o dormi,
quando soffri o sogni,
sempre,
quando sei vicina o lontana,
sempre,
sei mia, mia bella,
sempre.

Pablo Neruda
dipinto Manuel Nuñez ©









giovedì 16 maggio 2019

Tutto questo amore - Marilina Giaquinta

Tutto questo amore
perso
nella paura di un sospiro.
Tutto questo amore
inghiottito
con una lacrima.
Tutto questo amore
chiuso
dentro ogni notte.
Tutto questo amore
muto.

Tutto questo amore
che risuona
nei passi verso casa.
Tutto questo amore
espiato
come colpa.
Tutto questo amore
offeso e vano e privo.

Tutto questo inutile amore.


Marilina Giaquinta
foto Giuseppe Gradella ©


Aylin Argun