sabato 4 maggio 2019

Richard Burlet [ 1957 ]














Forrest Gump - Robert Zemeckis


"Ti ho fatto mettere qui, sotto il nostro albero. E ho preso la casa di tuo padre e l'ho fatta abbattere. Mamma diceva sempre che morire fa parte della vita. Magari non fosse così. Il piccolo Forrest se la cava benissimo, sì. Presto ricomincerà la scuola. Gli preparo colazione, pranzo e cena, ogni giorno. Sto molto attento: lui si pettina i capelli e si lava i denti ogni giorno. Gli insegno a giocare a ping-pong. Okay, ora... Forrest, tocca a te. È molto bravo. Peschiamo tanto. Ogni sera leggiamo un libro. [piangendo] Com'è intelligente, Jenny! Saresti fiera di lui. Io lo sono. Sai, ti... ti ha scritto una lettera. Dice che non posso leggerla. Non devo farlo, perciò la... la lascio qui per te. Jenny... Non lo so se mamma aveva ragione, o se se ce l'ha il tenente Dan. Non lo so, se abbiamo ognuno il suo destino o se siamo tutti trasportati in giro per caso come da una brezza. Ma io... io credo... può darsi le due cose. Forse le due cose càpitano nello stesso momento. Mi manchi tanto, Jenny! Se hai bisogno di qualcosa non sarò molto lontano."


Forrest Gump
[ Robert Zemeckis ]


Penetra il maleficio della domenica - Mariangela Gualtieri

In lei un bastimento
rovesciato, coi suoi relitti.
C’è buio in lei. Un’ombra
parallela al cuore, al suo bordone
basso. Stanchezza di secoli.
Uno sgommare inutilmente
nel nero. Un darsi da fare
che spolpa.
Tutto reclama un ozio
un’attesa. Ma l’incalzante
luce, quel dinamismo di faccende
addita mete nuove
e la solita corsa.
Lei è triste triste triste.
Manda la sonda fin dentro
l’altare, analizza l’amaro.
Manda la sonda fino alla radice
del fiato. Si dice che è di noi
questa stretta, il vuoto al centro
si dice che poi passa
questa rapina.
Tutto il corpo chiama
il suo lato distante.
Tutto manca, oggi
nel bel panorama.
Una parte reclama
e non armonico e distante
lo spazio intorno fugge
s’allontana. Il mondo
degli uomini è un pantano.
Non c’è. Lei pensa – sarei sola
ovunque.
 Mariangela Gualtieri


Ph. Azahara Fernandez © 

Molto più grave - Mario Benedetti

Tutte le istanze della mia vita hanno qualcosa di tuo
e questo in verità non ha niente di straordinario
obbiettivamente lo sappiamo da sempre tutti e due.
Tuttavia c’è qualcosa che vorrei chiarirti,
quando dico tutte le istanze,
non mi riferisco a quanto accade ora,
questo fatto di aspettarti e alleluia trovarti,
e poi mannaggia perderti,
per ritrovarti ancora,
e speriamo mai più.
Non mi riferisco al fatto che all’improvviso dici, mi viene da piangere
ed io con un discreto nodo nella gola, piangi pure.
E che un bel scroscione invisibile ci ripari
ed è forse per quello che appare presto il sole.
Non parlo soltanto del fatto che un giorno dopo l’altro,
si accresce la riserva delle nostre piccole e decisive complicità,
o il fatto che io possa illudermi di riconvertire le mie sconfitte in vittorie,
e che tu mi faccia il tenero dono della tua più recente disperazione.
No.
La cosa è molto più seria di quanto appare.
Quando dico tutte le istanze
voglio dire che oltre quel dolce cataclisma,
stai anche riscrivendo la mia infanzia,
quell’età in cui si dicono cose adulte e solenni
e, solenni, gli adulti le festeggiano,
mentre tu sai invece che tutto ciò non serve.
Voglio dire che stai rimontando la mia adolescenza,
quel tempo in cui ero un vecchio carico di astio,
e tu sai quanto mi costa estrarre da quel guazzo,
il mio germe di gioia e annaffiarlo guardandolo.
Voglio dire che stai scuotendo la mia giovinezza,
quella giara che nessuno prese mai nelle sue mani,
quell’ombra che nessuno accostò mai alla sua ombra,
e che tu invece sai come agitare
fino a farle cascare tutte le foglie secche,
e scoprire il telaio della mia verità senza prodezze.
Voglio dire che stai abbracciando questa mia età matura,
questo miscuglio di stupore e di esperienza,
questo strano confine di angoscia e di nevischio,
questa candela che illumina la fine,
questo dirupo della povera vita.
Come vedi, il problema è più serio.
Ma serio per davvero.
Perché con queste o con altre parole,
voglio dire che non sei soltanto,
quella ragazza così cara a i miei affetti,
ma tutte quelle donne splendide e accorte
che ho amato e amo ancora.
Perché grazie a te ho scoperto,
(dirai, e con ragione, era già ora),
che l’amore è una baia bella e generosa,
che splende e si rabbuia
al passo della vita,
una baia nella quale le navi approdano e ripartono,
arrivano pieni di uccelli e di auguri,
partono tra sirene e nuvoloni.
Una baia bella e generosa,
dove le navi arrivano e se ne vanno.
Ma tu,
per favore,
non te ne andare.

Mario Benedetti



Ph. Anka Zhuravleva © 

Portami - Mario Mendélez

Portami a sud
dei tuoi fianchi
dove l’umidità
avvolge gli alberi
che spuntano dal tuo corpo

Portami nella terra profonda
che si affaccia tra le tue gambe
in quel piccolo nord dei tuoi seni

Portami nel deserto freddo
che minaccia la tua bocca
nell’appartata oasi del tuo ombelico

Portami ad ovest di quei piedi
che furono miei
di quelle mani che rinchiusero
il mare e le montagne

Portami in altri paesi
con il primo bacio
nella regione interminabile
di lingua e fiori
in quel sentiero genitale
in quel fiume di cenere che spargi

Portami ovunque,
amore
e ovunque conduci le mie dita
come se tu fossi la patria
e io il tuo unico abitante.

Mario Mendélez
foto Ruth Bernard ©


Tu non dirmi - Maria Borio

Tu non dirmi “col tempo”,
non ho avuto, non ho dato,
confluenze e scarti
ci hanno pagato ogni incontro.

La tua esperienza e i miei occhi
sono un proiettile nel tempo.

Maria Borio
foto Dara Scully ©


Nastya Kaletkina












Un giardino verde in inverno - Jaroslaw Iwaszkiewicz

Il mio mondo è il mio mondo
non posso aprirlo davanti a voi
E se anche descrivessi
le statue dei dodici mesi
celate nel fìtto verde
ognuno di voi vedrebbe
un verde diverso
una statua diversa
e non questo verde
E se descrivessi la mia tristezza
apparirebbe ridicola
e infantile
perché la mia tristezza
è piena d’incanto
come un giardino verde
in inverno

Jaroslaw Iwaszkiewicz
foto Sarah Moon ©


venerdì 3 maggio 2019

Se fosse vero - José Hierro

Se fosse vero che due anime
camminano congiunte, senza
che i corpi si conoscano; se fosse vero
che si son toccate da sempre,
che bevvero la stessa luce,

che lo stesso destino le culla;
se fosse vero che son foglie
dello stesso arbusto, eterno e verde;
se fosse vero che il loro trionfo
si compie il dì che avranno

gli occhi dell'anima gemella
fissi nella loro carne presente;
se tutto ciò fosse vero,
come mai quel giorno di settembre
non ti cercai, chiamai, portai;

come mai ignoravo che esistessi,
come mai non trattenni la stella
che t'arrossava la fronte;
come mai potevo io cantare
sotto la fiamma del ponente;

come mai poteva non esistere
il tuo passato di ora, che mi doleva.
Come ha potuto essere. E come
non lo impedii, con unghie, denti,
cuore...

Se fosse vero
che due anime, senza che i corpi
si conoscano, vibrano, vanno congiunte
verso lo stesso nido caldo,
come quel giorno di luce profonda,

come quel giorno nella strada
dritta contro il ponente;
dorata e grave di settembre;
come quel giorno non sentii
che mi trafiggeva la morte.


 José Hierro 


Ph. Anca Mitroi © 


Esigo - Alain Jouffroy


Questo letto
dove si sconvolge la luna

questo letto-faro
questo letto-naufragio
questo letto ghigliottina

dove l'alba è un schiaffo

questo letto-specchio
dove i miei sogni sono un crimine
 
questo letto mi giudica

esigo che mi uccida

se non mi calma.


Alain Jouffroy
foto Andreas Reh ©



L'uomo che mi ami - Gioconda Belli

I
L’uomo che mi ami
dovrà saper aprire il velo della pelle,
scoprire la profondità dei miei occhi
e conoscere quello che si annida in me,
la rondine trasparente della tenerezza.

II
L’uomo che mi ami
non vorrà possedermi come una mercanzia,
né esibirmi come un trofeo di caccia,
saprà stare al mio fianco
con lo stesso amore
con il quale io starò al suo.

III
L’amore dell’uomo che mi ami
sarà forte come gli alberi di ceibo,
protettivo e sicuro come quelli,
limpido come una mattina di dicembre.

IV
L’uomo che mi ami
non dubiterà del mio sorriso
né temerà l’abbondanza dei miei capelli,
rispetterà la tristezza, il silenzio
e con carezze toccherà il mio ventre come chitarra
perché sgorghi musica ed allegria
dal profondo del mio corpo.

V
L’uomo che mi ami
potrà trovare in me
l’amaca dove riposare
il pesante fardello delle sue preoccupazioni,
l’amica con cui dividere i suoi segreti più intimi,
il lago dove nuotare
senza paura a che l’ancora del compromesso
gli impedisca di volare quando gli succeda d’essere uccello.

VI
L’uomo che mi ami
farà poesia con la sua vita,
costruendo ogni giorno
con lo sguardo posto al futuro.

VII
Però, sopra ogni cosa,
L’uomo che mi ami
dovrà amare il popolo
non come una parola astratta
estratta dalla manica,
ma come qualcosa di reale, concreto,
al quale rendere omaggio con azioni
e dare la vita se è necessario.

VIII
L’uomo che mi ami
riconoscerà il mio viso nella trincea
ginocchio in terra mi amerà
mentre spariamo insieme
contro il nemico.

IX
L’amore del mio uomo
non conoscerà la paura del darsi,
né temerà scoprirsi alla magia dell’innamoramento
in una piazza piena di gente.
Potrà gridare - ti amo -
o mettere striscioni dall’alto delle case
proclamando il suo diritto a sentire
il più bello e umano dei sentimenti.

X
L’amore del mio uomo
non fuggirà dalle cucine,
né dai panni del figlio,
sarà come un vento fresco
portando via tra le nubi del sogno e del passato,
le debolezze che, per secoli, ci hanno tenuti separati
come esseri di distinta statura.

XI
L’amore del mio uomo
non vorrà definirmi o etichettarmi,
mi darà aria, spazio,
alimento per crescere ed essere migliore,
come una Rivoluzione
che faccia di ogni giorno
l’inizio di una nuova vittoria.


Gioconda Belli
foto Floris Neüsuss


Casa di Bambole - Neil Gaiman

L'amore non appartiene alle terre del sogno. L'amore appartiene a Desiderio, e Desiderio è sempre crudele.

Neil Gaiman - Casa di bambole
foto Katia Chauscheva ©



Viola di mare [ Donatella Maiorca ]

"Io è te che voglio".
"Tu la luna vuoi".

Viola di mare
Donatella Maiorca


Iliyana Ilieva











Fatemi cadere - Charles Bukowski

Datemi la carica
come a un giocattolo,
fatemi cadere
oltre il bordo
del tavolino da caffè
dove il cielo
si butta in mare
verso l'ultima
fine indicibile.

Charles Bukowski
foto Yell Saccani ©


L'amore - Piero Bigongiari


L’amore non fa un passo, ti è d’intorno,
tu intorno a lui, l’amore non fa un passo,
ti è dentro, ma tu sei dentro di lui
e tocchi la rugosa realtà
con mano liscia, alterna, imprevedibile.

Hai l’occhio che s’accentua del guardato
universo, ma l’universo è un occhio
che mi guarda, mi guarda e mi destina:
si fonde, vedi, questa altra mattina
in un punto perché quello io non sia,
ma tutto sia quel punto, tutto sia.

Amica delle mie notti, mia amica
e nemica, distingui, scegli il passo,
avanza del tuo occhio a mezzo, intenso
in questo intero ch’è solo metà.

Piero Bigongiari
foto Iliyana Ilieva ©



Fumo - Teodolinda Rosica


Cosa resta di una notte trascorsa con te

Cicche qua e là
l’aria viziata
il letto disfatto

E’ un tappeto di carte quello che trovi al mattino

Prove generali di una storia inventata

Era tutto falso tutto inventato
Per rispondere ai colpi sferrati

Sogni null’altro che sogni dicono

La realtà modifica i desideri
E il tuo volto io lo scrivo e fumo

Le nubi grigie confondono
gli intenti
rubano frasi intere

le mescolano ai raggi fiochi
di un’alba confusa con la notte

Sei sicura di ciò che scrivi ?

L’inchiostro e’ secco
Il tempo è fermo

Lo spazio segue le
planimetrie  falsate

Non ti muovere

Lo specchio parla
una lingua facile

Sei vuoi ti mando una lettera

Ti racconto tutto



Teodolinda Rosica ©
foto Suzan Pektas ©




Canzonette mortali - Giovanni Raboni

Io che ho sempre adorato le spoglie del futuro
e solo del futuro, di nient’altro
ho qualche volta nostalgia
ricordo adesso con spavento
quando alle mie carezze smetterai di bagnarti,
quando dal mio piacere
sarai divisa e forse per bellezza
d’essere tanto amata o per dolcezza
d’avermi amato
farai finta lo stesso di godere.

Le volte che è con furia
che nel tuo ventre cerco la mia gioia
è perché, amore, so che più di tanto
non avrà tempo il tempo
di scorrere equamente per noi due
e che solo in un sogno o dalla corsa
del tempo buttandomi giù prima
posso fare che un giorno tu non voglia
da un altro amore credere l’amore.

Un giorno o l’altro ti lascio, un giorno
dopo l’altro ti lascio, anima mia.
Per gelosia di vecchio, per paura
di perderti – o perché
avrò smesso di vivere, soltanto.
Però sto fermo, intanto,
come sta fermo un ramo
su cui sta fermo un passero, m’incanto...

Non questa volta, non ancora.
Quando ci scivoliamo dalle braccia
è solo per cercare un altro abbraccio,
quello del sonno, della calma – e c’è
come fosse per sempre
da pensare al riposo della spalla,
da aver riguardo per I tuoi capelli.

Meglio che tu non sappia
con che preghiere m’addormento, quali,
parole borbottando
nel quarto muto della gola
per non farmi squartare un’altra volta
dall’avido sonno indovino.

Il cuore che non dorme
dice al cuore che dorme: Abbi paura.
Ma io non sono il mio cuore, non ascolto
né do la sorte, so bene che mancarti,
non perderti, era l’ultima sventura.

Ti muovi nel sonno. Non girarti,
non vedermi vicino e senza luce!
Occhio per occhio, parola per parola,
sto ripassando la parte della vita.

Penso se avrò il coraggio
di tacere, sorridere, guardarti
che mi guardi morire.

Solo questo domando: esserti sempre,
per quanto tu mi sei cara, leggero.

Ti giri nel sonno, in un sogno, a poca luce.


Giovanni Raboni 


Ph. Martina Bertacchi ©

Malattia d'amore - Archiloco

Giaccio in preda all'amore, disperato,
senza respiro, da dolori atroci
per volontà divina
trafitto nelle ossa.


Archiloco


Ph. Monia Merlo ©