sabato 27 aprile 2019

Fallo - Charles Bukowski


Se hai intenzione di tentare,
fallo fino in fondo.
Altrimenti, non cominciare mai.
Se hai intenzione di tentare,
fallo fino in fondo.
Ciò potrebbe significare perdere fidanzate, mogli, parenti, impieghi e forse la tua mente.
Fallo fino in fondo.
Potrebbe significare non mangiare per 3 o 4 giorni.
Potrebbe significare gelare su una panchina del parco.
Potrebbe significare prigione,
Potrebbe significare derisione, scherno, isolamento.
L’isolamento è il regalo, le altre sono una prova della tua resistenza, di quanto tu realmente voglia farlo.
E lo farai a dispetto dell’emarginazione e delle peggiori diseguaglianze.
E ciò sarà migliore di qualsiasi altra cosa tu possa immaginare.
Se hai intenzione di tentare, fallo fino in fondo.
Non esiste sensazione altrettanto bella.
Sarai solo con gli Dei.
E le notti arderanno tra le fiamme.
Fallo, fallo, fallo. Fallo!
Fino in fondo, fino in fondo.
Cavalcherai la vita fino alla risata perfetta.
È l’unica battaglia giusta che esista.

Charles Bukowski 
foto Tommy Ingberg ©



21 grammi [ Alejandro G.Iñárritu ]

"Quante vite viviamo?
Quante volte si muore?
Si dice che nel preciso istante della morte tutti perdiamo 21 grammi di peso. Nessuno escluso.
Ma quanto c'è in 21 grammi?
Quanto va perduto?
Quando li perdiamo quei 21 grammi?
Quanto se ne va con loro?
Quanto si guadagna?
Quanto... si... guadagna?

21 grammi, il peso di cinque nichelini uno sull'altro.
Il peso di un colibrì, di una barretta di cioccolato.
Quanto valgono 21 grammi?”


21 grammi
Alejandro G.Iñárritu 

Leslie Ann O' Dell













Francesca Woodman [ 1958 - 1981 ]














Volto di donna - Adonis

Ho abitato il volto di una donna
che abita in un'onda
sospinta dall'alta marea verso la spiaggia,
il cui approdo è smarrito tra le conchiglie.

Ho abitato il volto di una donna
che mi fa morire, che desidera rimanere
nel mio sangue che naviga sino ai confini della follia
simile a un faro spento.


Adonis 


Ph. Victor Korneev © 

Il canto della biancheria sporca -Erica Jong

Quest’è il canto della biancheria sporca –
dacché viaggiammo di città in città
Accumulando intimo macchiato & camicie sudate
& jeans incrostati & coagulati dei nostri fluidi
& T-shirt raggrinzite dalla nostra gloriosa confusa passione
& biancheria irrigidita dall’intera nostra gioia.

Sono tornata a casa per lavare i miei panni.
Come la pioggia ticchettano, cadendo sul pavimento del bagno.
L’acqua sgocciola via i giorni fino a te.
L’acqua sporca mi parla d’amore.

Vaporosamente nelle bolle del nostro amore
Ho tuffato le mani nell’acqua bollente
Così come avrei potuto tuffarle
Dentro il tuo cuore.

Dopo anni di macchie & schizzi
Sto finalmente diventando pulita.
Voglio volare da te con una valigia di biancheria fresca,
togliermi i vestiti, ammucchiarli sul pavimento,
& farti strofinare il mio corpo con il tuo amore.


Erica Jong


Ph. Olga Astratova © 

Tipologia -Erich Fried

Ti amo
ma dove mai ti amo?
Qualcosa in me
si torce
perché è proprio
cosi com’è
(proprio
perché è così)

Sono fuori di me
quando mi calo in me
e fuori di te
forse anche
E allora
dov’è
il dove?
E dove va?

Mi sono
fatto cuore
con un cuore di Möbius
che
si sfrangia
in tante strisce
senza vie d’uscita


Erich Fried


Ph. Elyssa Obscura © 

Una fotografia - Amel Moussa


Fammi una fotografia seducente
che sveli il balenio della mia tristezza.
Una fotografia
che fermi il sorriso
all'angolo della rivelazione.
Fammi una fotografia dallo specchio,
mentre mi lavo
e una quando mi avviluppo
in me stessa
per diventare il mio scialle
e ancora una
quando bacio le mie mani
per perdonarmi.
Fammi una fotografia
mentre strappo le altre.

Amel Moussa
foto Man Ray ©



Mi ricordo - Marcello Mastroianni

Mi ricordo un grande albero di nespole.

Mi ricordo lo stupore e l’incanto guardando i grattacieli di New York, al tramonto, in Park Avenue.

Mi ricordo quel tegamino d’alluminio senza un manico. Mia madre ci friggeva le uova.

Mi ricordo la voce di Rabagliati che esce da un grosso giradischi e canta: E tic e tac, cos’è che batte, è l’orologio del cuor.

Mi ricordo Clark Gable molto giovane, in bianco e nero, di schiena: poi si volta e sorride, così. Un mascalzone irresistibilmente simpatico. Che film era? “Accadde una notte”, forse.

Mi ricordo la bottega di falegname di mio nonno e di mio padre. Mio nonno fa una sedia. Mi ricordo l’odore del legno, l’odore del legno!

Mi ricordo le uniformi dei tedeschi. Mi ricordo gli sfollati.

Una volta, mi ricordo, ho sognato di abitare in un dirigibile. O forse era un’astronave.

Mi ricordo di H.G. Wells, Simenon, Ray Bradbury.

Mi ricordo le illustrazioni a colori della Domenica del Corriere. E anche di Flash Gordon.

Mi ricordo che Fellini mi chiamava Snaporaz.

Mi ricordo del mio primo campeggio.

Mi ricordo Cechov. Specialmente il capitano Solenyj, che nelle “Tre sorelle” fa Pìo, pìo, pìo, pì.

Mi ricordo la prima volta che ho visto le montagne, e la neve, e l’emozione che ho provato.

Mi ricordo la musica di “Stardust”. Era prima della guerra. Ballavo con una ragazza che portava un vestito a fiori.

Mi ricordo i cavalli della vecchia pubblicità della birra Peroni.

Mi ricordo perfettamente il sapore e l’odore della minestra con i ceci. E mi ricordo che si giocava a tombola, la notte di Natale.

Mi ricordo il rombo terrificante dei Liberators, gli aerei americani del primo bombardamento su Roma.

Mi ricordo la leggerezza così elegante di Fred Astaire.

Mi ricordo quando il primo uomo toccò la luna. Ma io dov’ero?

Mi ricordo che ho visto il mio primo film a Torino: “Ben Hur”, con Ramon Novarro. Avevo sei anni.

Mi ricordo Parigi, quando è nata mia figlia Chiara.

Mi ricordo i supplì di riso. Ma comprarli tutti i giorni non si poteva. Costavano 40 centesimi.

Mi ricordo il mio primo cappello da uomo; era modello Saratoga.

Mi ricordo le comiche di Charlot.

Mi ricordo mio fratello Ruggero.

Mi ricordo che Cicerone è nato nel 106 a.C., a due passi da casa mia, ad Arpino. Mio nonno ne era orgoglioso: <<Vitam regit fortuna, non sapientia>>, mi diceva citando il nostro concittadino. Poi sospirava: Eh sì, è la fortuna che regge la vita, non la saggezza.

Mi ricordo Cassius Clay (detto “la lingua”) a New York contro Frazer.

Mi ricordo la bella testa bianca dell’architetto Ridolfi, il mio professore di disegno architettonico.

Mi ricordo i primi disegni di mia figlia Barbara.

Mi ricordo il mio progetto di alzare il Tevere mettendogli sotto una strada.

Mi ricordo Greta Garbo che mi guarda le scarpe e mi dice: <<Italian shoes?>>.

Mi ricordo la prima sigaretta che ho fumato. Era fatta, mi ricordo, con la barba delle pannocchie.

Mi ricordo le mani di mio zio Umberto, mani forti come tenaglie, mani da scultore.

Mi ricordo il silenzio che avvolse il ristorante Chez Maxim’s quando apparve Gary Cooper in smoking bianco.

Mi ricordo una piccola stazione, e il rumore dei treni.

Mi ricordo la cassiera del bar della stazione. La cassa faceva: Dlìn-dlìn dlìn-dlìn! Consumazione!

Mi ricordo Marylin Monroe.

La prima automobile che ho posseduto, mi ricordo, era una Topolino giardinetta.
Non so perché, mi ricordo questa stupida filastrocca: Oh quante belle figlie Madama Dorè, oh quante belle figlie.

Mi ricordo delle lucciole, che non si vedono più.

Mi ricordo la neve sulla Piazza Rossa, a Mosca.

Mi ricordo un sogno dove qualcuno mi dice di portare con me i ricordi della casa dei miei genitori.

Mi ricordo di un viaggio in treno durante la guerra: il treno entra in un tunnel, si fa un gran buio, e allora, in silenzio, una sconosciuta mi bacia sulla bocca.

Mi ricordo dei Curdi ammassati in un esodo biblico. Mi ricordo che non devo dimenticare la violenza di tante immagini assurdamente violente.

Mi ricordo anche la sensazione di silenzio e di luce sospesi sulla città di Gerusalemme come un vapore mistico.

Mi ricordo il desiderio di vedere cosa farà questo mondo, cos’accadrà nel 2000, ed essere lì e ricordare tutto come un vecchio elefante, sì, perché, mi ricordo, io sono stato sempre curioso, così curioso!

E poi mi ricordo quando andavamo a caccia di lucertole. La mia mazzafionda!

Mi ricordo della prima notte d’amore.

Mi ricordo, sì, io mi ricordo...

[ Marcello Mastroianni ]


Tears Dry On Their Own - Amy Winehouse

Cammina via,
il sole tramonta

Si prende il giorno,
ma io sono andata

E nella tua strada
in questa tonalità di blu
le mie lacrime si asciugano da sole

Vorrei poter dire nessun rimpianto e nessun debito emotivo

per quando ci diamo il bacio di addio al tramonto

Quindi siamo storia, la tua ombra mi copre

Il cielo sopra, una fiammata che solo gli innamorati vedono

Cammina via, il sole tramonta

Si prende il giorno, ma io sono andata

E nella tua strada in questa tonalità di blu

Le mie lacrime si asciugano da sole.

Tears Dry On Their Own
Amy Winehouse

venerdì 26 aprile 2019

Quello che siamo - Mariangela Gualtieri


Sii dolce con me. Sii gentile.
E’ breve il tempo che resta. Poi
saremo scie luminosissime.
E quanta nostalgia avremo
dell’umano. Come ora ne
abbiamo dell’infinità.
Ma non avremo le mani.
Non potremo
fare carezze con le mani.
E nemmeno guance da sfiorare
leggere.
Una nostalgia d’imperfetto
ci gonfierà i fotoni lucenti.
Sii dolce con me.
Maneggiami con cura.
Abbi la cautela dei cristalli
con me e anche con te.
Quello che siamo
è prezioso più dell’opera blindata nei sotterranei
e affettivo e fragile. La vita ha bisogno
di un corpo per essere e tu sii dolce
con ogni corpo. Tocca leggermente
leggermente poggia il tuo piede
e abbi cura
di ogni meccanismo di volo
di ogni guizzo e volteggio
e maturazione e radice
e scorrere d’acqua e scatto
e becchettio e schiudersi o
svanire di foglie
fino al fenomeno
della fioritura,
fino al pezzo di carne sulla tavola
che è corpo mangiabile
per il mio ardore d’essere qui.
Ringraziamo. Ogni tanto.
Sia placido questo nostro esserci
questo essere corpi scelti
per l’incastro dei compagni
d’amore nei libri.

Mariangela Gualtieri
foto Sean Ellis ©




Certe volte parlo da solo - Raymond Carver

Certe volte parlo da solo, così.
Nomino certe cose:
argano, gomna limo, foglia, fornace.
Il tuo volto, la tua bocca, le tue spalle
ora sono per me inconcepibili!
Che fine hanno fatto?
E’come se li avessi sognati.
I sassi che abbiamo portato
a casa dalla spiaggia se ne stanno lì
sul davanzale a raffreddarsi.
Torna a casa. Mi senti?
I miei polmoni sono pieni del fumo
della tua assenza.

Raymond Carver


Ph. Estéban Puzzuoli © 

Niente- Mariella Mehr

Niente,
nessun luogo.
C'è ancora rumore
di sventura nella testa,
e sulla mappa del cielo
io non sono presente.

Mai è stata primavera,
sussurrano le voci di cenere,
sulla bilancia del linguaggio
sono una parola senza peso
e trafiggo il tempo
con occhi armati.

Futuro?
Non assolve
me, nata sghemba.
Vieni, dice,
la morte è un ciglio
sulla palpebra della luce

Mariella Mehr 


Ph. Elyssa Obscura ©



Sonetto assetato - Eduardo Carranza

Mia tu. Mia sete. Mia attesa. Mio ti amo.
Coltello e ferita che lo racchiude.
La risposta che aspetto quando chiamo.
La mia mela del cielo e della terra.
Mia per sempre e mia mai.
Mia acqua leggera, sonora e azzurra.
Mio amore e mio simbolo.
La pelle infinita. La rosa folle.
Il giardino emaciato che mi sogna.
Stellare insonnia. Quello che mi manca.
La mela ancora.
La sete. La seta.
Il mio cuore senza uso di ragione:
mi manchi tanto in questa lontananza,
ogni sera, ogni notte, ogni giorno,
proprio come se mi mancasse il cuore.
Eduardo Carranza


Ph. Dana Tole © 


giovedì 25 aprile 2019

Balla coi lupi - Kevin Costner

Stavo pensando che di tutte le piste di questa vita la più importante è quella che conduce all'essere umano. Penso che tu sei su questa pista e questo è bene.

Balla coi lupi
[ Kevin Costner ]





Juan Brufal










Ascoltare - Lucia Ferrara

Ti domando sulle cose non dette ma solo una volta e forse per ascoltare il tuo respiro sospeso.

Poi penso di ridere perché mi aggiri con la tua voce liquida pura così facciamo che io resto in silenzio e tu mormori un qualcosa che io non possa sentire ma che desidero sia quel che sia.

E allora non c'è più niente al mondo che io voglia se non di strappare un battito del tuo cuore

e poggiarlo sul mio.

Lucia Ferrara
foto César Ordoñez ©




mercoledì 24 aprile 2019

Tutto su mia madre - Pedro Aldomóvar


"Stanotte mamma mi ha mostrato una foto. Mancava la metà... non ho voluto dirglielo ma alla mia vita manca quello stesso pezzo. Questa mattina ho frugato nei suoi cassetti e ho scoperto un fascio di foto. A tutte mancava la metà. Mio padre, suppongo. Voglio conoscerlo! Devo riuscire a far capire a mamma che non mi importa chi sia, né come sia, né come si è comportato con lei... non può togliermi questo diritto."

Tutto su mia madre
[ Pedro Aldomóvar ]



Ho sempre freddo a Primavera - Monica Pellicini



Tutt'attorno è disordine.

Ho collezionato
parole e voci
e i rari abbracci.

Ho dimenticato
di rimuovere gli errori
e gli abbagli
e tutta quella disillusione.

E adesso arriva la notte,
i sogni nebbiosi
e le nuove illusioni 
fluttuanti 
sfavilleranno nel buio,
per ricadere domani
immemori di se stesse
ancora su quel mio disordine
che non si riordina, mai.

Monica Pellicini
dipinto Marco Mazzoni ©



La ragazza della pensilina - Karmelo C. Irribarren


Esce dalla pensilina
e guarda
verso sinistra:
rientra e ricomincia
il suo ticchettio nervoso.
Non ce la fa più,
ne muore, ha bisogno
che arrivi l’autobus,
la vita,
tutto ciò che questa le ha riservato.
E ne ha bisogno ora, adesso,
questo sabato sera.
Domani è una chimera, una finzione,
un pianeta lontano anni luce.
Esce di nuovo,
guarda e si consuma di desiderio.
È terribilmente sfortunata
un secondo e al successivo
arriva l’autobus finalmente
ride
e sembra
che albeggi nel mondo.
La guardo e penso
che anche solo per questo,
per questa forza, per provare
ciò che proprio adesso
lei sta provando,
vale la pena vivere.

Karmelo C Irribarren
dipinto Danny McBride ©



La mia musa - Heinrich Böll

La mia musa sta sull’angolo della via
dà a ciascuno quasi per niente
ciò che io non voglio
quando è allegra
mi regala ciò che vorrei
rare volte l’ho vista allegra.
La mia musa è una suora
nella casa oscura
dietro doppie inferriate
mette presso il suo Diletto
una buona parola per me.
La mia musa lavora in fabbrica
quando ha finito di lavorare
vuol andare a ballare con me
ma io
non finisco mai di lavorare.
La mia musa è una vecchia
mi picchia sulle dita
strilla con bocca coriacea
è inutile matto
matto è inutile
La mia musa è una donna di casa
non biancheria
nell’armadio ha parole
Raramente ne apre le ante
e me ne porge una.
La mia musa ha la lebbra
come me
ci baciamo via la neve
dalle labbra
ci dichiariamo mondi
La mia musa è tedesca
non mi dà alcuna protezione
solo se mi bagno nel sangue del drago
mi posa la mano sul cuore
così resto invulnerabile

Heinrich Böll


Ph. Maurizio Strippoli © 

martedì 23 aprile 2019

Le sirene - León Felipe

Oggi ho il vino dolce e nel sangue
il ritmo vago e sordo di una canzone lontana e luminosa.
Chi canta dall'altra parte delle nubi?
Da dove giunge questa canzone?
Non erano morte le stelle?
Dopo aver bestemmiato
con la ragione furente,
si deve lasciar aperta la pazza finestra dei sogni,
perché ci sono giorni
in cui l'uomo desidera ingannarsi ed essere ingannato...
ed egli stesso s'imbarca sulla prima spiaggia
e sulla nave più leggera
in cerca di sirene.



León Felipe


Ph. Claudia Ferrari ©