Ho sacrificato di colpo il mio corso e le mie montagne
Ho lasciato tutto per te i miei amici la mia infanzia
Ogni goccia d’acqua della mia vita ha preso il sale della tua immensità
Il tuo sole ha dissipato il mio folclore
Tu regni sul mio sangue il mio sogno i miei deliri
Ti ho dato la mia memoria come una ciocca di capelli
Non dormo più se non nelle tue nevi
Sono straripato dal mio letto ho scacciato le fate madrine
Ho rinunciato da tempo alle mie leggende
Dove sono Rimbaud Cros e Ducasse
Valmore che piange a mezzanotte
Nerval ha spezzato la corda
E la palla che trapassò Lermontov ha attraversato il mio cuore
Diviso dai tuoi passi
Disperso dal tuo gesto
Come un gran vento innamorato di una foresta
Io sono la polvere che si spazza la mattina dalla casa
E che ritorna con invisibile pazienza durante la giornata
L’edera che cresce senza che lo avvertiamo
Finchè non la mutilano nella sua fedeltà
Sono la pietra consunta dai tuoi passi
La sedia che ti attende nel luogo familiare
Il vetro su cui arde la tua fronte a guardare il vuoto
Il romanzo da due soldi che parla a te sola
Una lettera aperta dimenticata prima d’esser letta
La frase interrotta su cui non serve tornare
Il fremito delle stanze attraversate
Il profumo che lasci dietro te
Quando te ne vai e io resto infelice come il tuo specchio
Quando tutte insieme le parole del mondo ti avrò dato
Tulle le foreste d’America e tutte le messi notturne del cielo
Quando ti avrò dato ciò che brilla e ciò che l’occhio non può vedere
Tutto il fuoco della terra come una coppa di lacrime
Il seme maschile delle specie diluviane
E la mano di un bambino
Quando ti avrò dato il caleidoscopio dei dolori
Il cuore in croce le membra spezzate
L’arazzo immenso delle genti torturate
Gli scorticati vivi sul palco del supplizio
Il cimitero sventrato degli amori sconosciuti
Tutto ciò che trasportano le acque sotterranee e le vie lattee
La grande stella del piacere nell’inferno più miserabile
Quando ti avrò dipinto questo vago paesaggio
In cui le coppie si fanno fotografare alle fiere
Pianto i venti per te cantato fino a spezzarmi le corde
La messa nera dell’Adorazione perpetua
Maledetto il mio corpo e maledetta la mia anima
Bestemmiato l’avvenire e bandito il passato
Fatto di tutti i singhiozzi un carillon
Che dimenticherai nell’armadio
Quando non vi saranno più usignoli negli alberi a furia di lanciarli ai tuoi piedi
Quando non vi saranno più metafore in una mente folle per fartene un fermacarte
Quando sarai sfinita dal culto mostruoso che ti tributo
Quando non avrò più voce nè ventre nè volto e piedi e mani non avran più spazio per i chiodi
Quando tutti i verbi umani avranno infranto nelle mie dita il loro vetro
E la mia lingua e il mio inchiostro saranno inariditi come una stazione sperimentale per razzi interplanetari
E i mari non si saranno lasciati dietro che il candore accecante del sale
Così che il sole abbia sete e la luce oscilli su quel pavimento di cristallo
Lo scisto spento il firmamento amorfo e l’essere sempre spossato dalle mutazioni
Io inventerò per te la rosa.
Luis Aragon
Ph. Chiara Lombardi © |
Nessun commento:
Posta un commento